Il modello tradizionale di assistenza sanitaria biomedica, basato sull’attesa e focalizzato sull’assistenza alle patologie acute e sull’ospedale, è sempre meno in grado di affrontare con successo le sfide della sanità del futuro, rappresentate dall’invecchiamento della popolazione, dall’innovazione tecnologica, e dai crescenti costi per l’assistenza sanitaria, a cui fanno da contraltare l’aumento delle diseguaglianze sociali. Un suggerimento in tal senso arriva dalla letteratura recente, secondo la quale il “Chronic Care Model” (CCM) rappresenta un sistema organizzativo efficace, sicuro ed efficiente, capace di focalizzare l’attenzione sulle patologie croniche e sulla loro prevenzione con un orientamento integrato tra cure primarie e secondarie. La Ausl di Ravenna ha fatto tesoro di queste indicazioni, lanciandosi però oltre e costruendo nel 2010 il suo progetto grazie all’estensione del CCM, rappresentato dal “Comprehensive, Community and Homebased Health Care Model” (CCHBHC), basato sul coinvolgimento di nuove figure che collaborano alla gestione delle patologie croniche e sull’organizzazione multidisciplinare degli operatori sanitari. Un modello che si potrebbe definire ‘comprensivo’, per soggetti con fragilità socio-sanitaria e pazienti affetti da BPCO e scompenso cardiaco, che si pone come obiettivo quello di porre il paziente e la sua famiglia al centro delle cure e di valorizzare il contributo degli individui, della comunità e dei professionisti. A questo proposito, per migliorare l’utilizzo delle risorse aziendali la scelta è stata quella di stratificare i pazienti per patologia e grado di fragilità e applicare operativamente percorsi coordinati che prevedano integrazioni strutturate fra professionisti e fra settingassistenziali. L’implementazione del modello, sostenuto dalle numerose evidenze della letteratura scientifica, ha la caratteristica di verificare la fattibilità attraverso l’individuazione degli step necessari, la loro sequenza, i fattori critici e quelli favorevoli. Uno dei principali meriti della sperimentazione è di aver portato alla costruzione di registri per l’individuazione dei pazienti e di aver previsto la formazione multidisciplinare di medici ed infermieri, che costituiscono il team assistenziale che prenderà in carico il paziente affetto da BPCO e da scompenso cardiaco. Il progetto ha previsto l’attivazione, presso i tre Nuclei di cure primarie (NCP) oggetto della sperimentazione (Russi, Bagnacavallo, Faenza), degli ambulatori per patologia cronica, nei quali i pazienti con BPCO e scompenso cardiaco saranno seguiti e monitorati nel tempo, per la corretta valutazione del decorso della malattia e della qualità della vita. Inoltre l’esperienza dell’Azienda di Ravenna ha portato alla creazione di banche dati informatizzate dove poter effettuare uno screening su tutta la popolazione residente, individuando i soggetti maggiormente a rischio fragilità, sui quali attivare interventi di contatto, connettivi (inserimento nei circuiti informali di relazione e sostegno) e preventivi ad opera dei Servizi Anziani e del Volontariato.