Dai traumi ai tumori: ecco i reparti per curare i ricoverati con il Covid

Gli ospedali organizzano delle aree con medici di più specialità riservate a pazienti con altre patologie ma positivi. Il Sole 24 Ore racconta il modello studiato da Fiaso

di Marzio Bartoloni

Creare reparti per i malati “con Covid” e non “di Covid” dove medici specializzati in più discipline come ortopedici, chirurghi e oncologi possono curare in sicurezza tutti quei pazienti che scoprono di essere positivi mentre si ricoverano per altre patologie e non possono rinviare le cure. In pratica reparti multidisciplinari e trasversali all’interno degli ospedali con posti letto ad hoc dove ricoverare pazienti positivi asintomatici da non mischiare con gli altri pazienti in modo da non rischiare il contagio e senza “sprecare” i posti letto già riservati a chi ha complicanze e polmoniti da Covid. Ecco il modello a cui diversi ospedali stanno già ricorrendo per continuare a curare tutti i pazienti e che Fiaso – la Federazione dei manager di Asl e ospedali – ha dettagliato per metterlo a terra in questi mesi e tenerlo pronto se dovesse servire di nuovo il prossimo autunno o in caso di emergenze future.

“La circolazione di una variante potenzialmente meno patogena e la campagna vaccinale estesa hanno determinato una modifica della tipologia di pazienti perché all’atto del ricovero, tutti vengono sottoposti a tampone e troviamo una certa quota di diagnosi ‘incidentali'”, avverte Giovanni Migliore, presidente Fiaso. Che sottolinea come di fronte alla dimensione del fenomeno (“quasi un paziente su tre”) – ci sia bisogno di “una risposta di sistema, che consenta anche di erogare, a favore di pazienti positivi ma senza malattia Covid, prestazioni per le quali il rinvio non è auspicabile per il decorso clinico, si pensi ad esempio alla chirurgia oncologica – prosegue Migliore -. L’ipotesi della collocazione di questi pazienti nei cosiddetti reparti bianchi, ovvero Non Covid, pone il problema dell’effettivo isolamento e l’ipotesi di inquinamento dei percorsi. La soluzione, dunque, già adottata è quella di creare delle aree interdisciplinari per prestazioni specialistiche su pazienti con infezione da Sars-Covd-2 senza malattia Covid. L’assistenza specialistica, come molti stanno sperimentando, può essere concentrata in poli ad elevata specializzazione con aree funzionali delicate”.

Succede ad esempio al San Matteo di Pavia o al Policlinico di Chieti con un reparto multidisciplinare chirurgico o a Napoli dove è stato creato un apposito Covid Hospital da 55 posti al San Giovanni Bosco per degenze di chiururgia, cardiologia, ortopedia, ostetricia ed emodinamica. Ma anche al Policlinico Tor Vergata di Roma dove in un’area medica a bassa intensità vengono accolti pazienti chirurgici, ortopedici o positivi provenienti dai reparti non Covid. Nella Asl Toscana Sud Est sono state individuate in via sperimentale, in tre strutture ospedaliere, setting specifici plurispecialistici di degenza ordinaria a media complessità per la gestione dei pazienti risultati positivi ma che necessitano di cure ospedaliere per altre patologie.

Anche sulla base di queste esperienze il modello messo a punto da Fiaso punta su una organizzazione con almeno tre aree funzionali per assistere i pazienti positivi, ma senza malattia Covid: la prima area è quella della “chirurgia multispecialistica”, dedicata al trattamento di tutte quelle patologie o condizioni che impongono un intervento chirurgico in emergenza-urgenza, come politraumatizzati, traumatismi di interesse ortopedico, pazienti ustionati, nonché il trattamento della patologia oncologica di interesse chirurgico non differibile o il cui differimento potrebbe determinare pericolo per il decorso clinico. Qui possono lavorare professionisti di chirurgia generale, toracica e plastica, neurochirurgia, ortopedia, otorinolaringoiatra, oftalmolotia, oncologia. La seconda area è quella “Ostetrica”, in pratica il percorso nascita con tutte le prestazioni ospedaliere legate alla gravidanza, compresa l’interruzione volontaria. Infine la terza area è quella della “patologia cardio-cerebro-vascolare” dedicata alla presa in carico di pazienti affetti da ischemia cardiaca o cerebrale, patologia aritmica che necessita di terapia medica urgente o impianto di pacemaker, embolia polmonare con competenze di cardiologia, neurologia, neuroradiologia e cardiochirurgia.

“Oggi gli ospedali non possono continuare a seguire i casi come due anni fa quando venivano tutti ricoverati insieme nei reparti Covid. Né si possono ricoverare insieme ai pazienti non Covid i positivi asintomatici che hanno bisogno di altre cure perché oltre al rischio contagio si rischia di aumentare il peso del carico assistenziale dei medici e anche di dover rinunciare a troppi letti per poter isolare i positivi”, spiega ancora il presidente di Fiaso Migliore. Che scommette su questi “reparti multidisciplinari”: “Servono ora e potranno servire in futuro perché dopo questa pandemia abbiamo capito che è fondamentale essere flessibili. Noi al Policlinico di Bari – conclude Migliore – non abbiamo ridotto i volumi delle prestazioni grazie a questi accorgimenti”.

Questo articolo è stato pubblicato in Rassegna STAMPA e taggato , .