Italiani più longevi e in salute, ma personale sanitario ridotto del 5,6%: i 30 anni delle aziende sanitarie pubbliche

Al Ministero della Salute manager Fiaso a confronto. Tra i Dg età media 58 anni, 22% le donne, solo il 10% ha esperienza in più regioni Migliore: “Direttori cruciali nel Ssn, ma serve personale: già 10 regioni su 20 hanno avviato le stabilizzazioni Covid”

È cresciuta di quasi 4 anni l’aspettativa di vita raggiungendo gli 83,6 anni, tra le più alte al mondo, si è dimezzato il tasso di mortalità neonatale e sono migliorati tutti i principali indicatori relativi alle performance dell’assistenza ospedaliera. È il risultato che le aziende sanitarie e ospedaliere hanno conseguito dal 1992 al 2022.

A distanza di 30 anni dalla legge 502 che ha modificato l’assetto del servizio sanitario nazionale introducendo le Aziende sanitarie, al posto delle vecchie Unità Sanitarie Locali, e la figura del direttore generale, i manager della Fiaso si confrontano su bilanci e prospettive a Roma in un incontro al Ministero della Salute, “Da 30 anni al servizio dei cittadini: il direttore generale nelle aziende sanitarie pubbliche”.

Le strutture sanitarie

Prima della legge 502 del 1992 esistevano 659 Usl, al 2020 le Asl si sono ridotte a 118, sono state istituite 52 Aziende ospedaliere, 21 Ircss, 18 enti intermedi. A fronte della riduzione a 482 strutture di ricovero pubbliche, sono quasi raddoppiate le strutture territoriali ovvero strutture residenziali e semiresidenziali, ambulatori, laboratori, centri di salute mentali, consultori, centri dialisi passando da 16.006 del 1997 a 25.292 del 2019.

La spesa sanitaria pro-capite totale, dal 2000 al 2019, è cresciuta dell’80% raggiungendo i 3.653 euro. Una cifra, però, molto più bassa e distante da quelle europee: in Germania si spendono 6.518 euro pro capite. In Italia la spesa sanitaria ammonta al 13,2% della spesa pubblica complessiva contro il 20% della Germania o il 19% del Regno Unito. E dal 2010, mentre è cresciuta la spesa per beni e servizi del 3,7%, capitolo su cui punta il Pnrr, è rimasta uguale quella sul personale.

Il personale

A fronte dei significativi miglioramenti registrati, però, a partire dal 2010, il personale ha subito un forte decremento pari al 5,6%. Si tratta di una conseguenza dei provvedimenti previsti dalla legge di bilancio 2010, che ha introdotto un tetto alla spesa per il personale pubblico, che unito al blocco del turn over e ai provvedimenti collegati alla gestione dei Piani di rientro, ha condotto alla situazione di debolezza evidenziata nel corso della emergenza pandemica: oltre 5mila medici in meno, quasi 11mila infermieri in meno, più di 23mila altri operatori sanitari in meno. In totale -40mila unità.

A questo si aggiunge l’incremento dell’età media del personale, per cui più della metà dei medici del SSN ha oggi più di 55 anni, la percentuale più elevata d’Europa, superiore di oltre 16 punti alla media OCSE.

La community dei manager

Soprattutto nei primissimi anni di attuazione della legge, si registravano permanenze nell’incarico da direttore generale che non superavano i 12-14 mesi, elevato turn over dei manager e conseguenze prevedibili sulla loro possibilità di esercitare efficacemente il mandato. Dal 2002, dall’avvio del secondo decennio della aziendalizzazione, il dato sembra essersi stabilizzato: i 3,6 anni di carica rilevati come dato medio nel 2021 rappresentano e un orizzonte gestionale non particolarmente lungo, soprattutto in relazione alla portata potenziale di una pianificazione strategica, ma si avvicinano ai 4 anni della durata di molti incarichi di direzione generale da parte delle Regioni.

Una seconda questione riguarda il grado di professionalizzazione dei manager attuali, prendendo in considerazione il numero complessivo di anni di esercizio del mandato da Direttore generale, e il numero di regioni nelle quali si è svolto l’incarico. Secondo le ultime rilevazioni, quasi il 90% degli oltre 200 manager impegnati al momento in Aziende territoriali, ospedaliere, IRCCS e Policlinici ha svolto il proprio incarico in una sola regione e solo il 14% ha una esperienza decennale nel ruolo. Quanto all’età, il valore medio nazionale è di 58 anni e sette mesi, superiore (59 anni e sei mesi) per chi dirige una Azienda ospedaliera.

Infine, sulle questioni di genere, secondo le ultime rilevazioni (FIASO, 2022), il 22% dei ruoli di direzione generale è rivestito da donne, con un incremento del 3,8% rispetto all’anno precedente e un trend positivo costante nell’arco degli ultimi anni, che ha consentito di passare dal 14,4% del 2018 al dato attuale. Vale la pena di ricordare che le donne che ricoprivano incarichi di direzione generale erano solo il 3% nel 2002.

Lo stato di salute della popolazione

Il confronto internazionale documenta uno stato di salute della popolazione italiana buono, e una aspettativa di vita tra le più elevate. Dai 79,9 anni del 2000 l’aspettativa è salita agli 83,6 del 2019 più alta di Germania, Francia, Regno Unito, Svezia e seconda in Europa solo alla Spagna con 83,9 anni. Anche la mortalità neonatale è scesa da 3,5 per mille del 2000 a 1,9 del 2019, tra le più basse in Europa.

Prendendo in considerazione gli indicatori associati alle performance del SSN, come le prestazioni sentinella sugli Standard quantitativi, strutturali, tecnologici e qualitativi della assistenza ospedaliera (ad esempio le fratture di femore con una capacità di intervento in 48 ore raddoppiata dal 31 al 66% o i parti cesarei ridotti dal 28 al 22%), c’è un’aderenza diffusa alle soglie di esito previste, e dati in costante miglioramento nel decennio 2010-2019. In dieci anni, inoltre, si sono ridotti i ricoveri per asma e diabete del 60% e grazie all’assistenza e alle cure extraospedaliere sono diminuite del 30% le giornate di ricovero in vent’anni.

“L’aziendalizzazione e il management hanno assicurato ottimi risultati, sia per i livelli di salute raggiunti dal paese in trent’anni, sia sul piano economico – commenta il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore – Gli ultimi due anni di pandemia, inoltre, hanno dimostrato come la figura del direttore generale, in grado di elaborare modelli di gestione flessibili e di rispondere con tempestività alle emergenze, sia cruciale nell’assetto del servizio sanitario. Da dieci anni, però, a fronte di nuovi bisogni sanitari e con l’invecchiamento della popolazione, non è cresciuto affatto l’investimento per il personale: mancano 40mila professionisti.  Nel corso dell’emergenza abbiamo reclutato precari che ora, grazie alla legge sulle stabilizzazioni, possono essere assunti: già 10 regioni su 20 hanno stipulato accordi con le organizzazioni sindacali per procedere con i contratti a tempo indeterminato. Ma, per colmare il divario decennale, occorre anche abbandonare la logica dei tetti di spesa e incrementare il finanziamento destinato alle assunzioni di nuovi professionisti che potranno fare la differenza nella sanità del futuro con le sfide del Pnrr. Dobbiamo allineare infine la percentuale di risorse destinate alla sanità a quella della media europea; perché investire in sanità, oltre che tutelare la salute, significa anche garantire innovazione e sviluppo al Paese, per poter continuare a guardare con fiducia al futuro”.

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