Migliore: “In sanità l’autonomia regionale è già una realtà, la riforma deve essere un’opportunità per individuare i correttivi per una maggiore equità”

Attraverso la fiscalità indiretta ci sarebbero i margini per assicurare a tutte le regioni la copertura dei livelli essenziali delle prestazioni, magari anche aumentando le risorse stanziate per il Fondo sanitario nazionale.
Il Presidente Fiaso nella giornata di venerdì 19 aprile è intervenuto al convegno “AutoNomia differenziata: quali rischi per il SSN?” organizzato da Anaao a Bologna
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“In sanità sperimentiamo l’autonomia regionale da quasi venticinque anni. La modifica del Titolo V del 2001 ha creato di fatto 21 sistemi sanitari. La riforma può e deve essere dunque un’opportunità per garantire maggiore equità e stabilità al sistema sulla base dell’esperienza che abbiamo maturato”. Questa la posizione che il presidente della Fiaso, Giovanni Migliore, ha portato come contributo nel convegno “AutoNomia differenziata: quali rischi per il SSN?” organizzato da Anaao a Bologna.

“La tutela della salute è un bene costituzionalmente garantito – spiega Migliore – e lo Stato, attraverso i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), definisce le prestazioni e i servizi che il SSN deve offrire sul territorio a tutti i cittadini. Nel 2022 sette regioni, di cui cinque al Sud, non hanno raggiunto la sufficienza rispetto all’erogazione dei Lea. E’ necessario quindi intervenire con strumenti nuovi, lì dove ormai ci sono difficoltà consolidate nel tempo, per ridurre le disuguaglianze di accesso ai servizi sanitari”.

I LEA, negli anni tra il 2020 e il 2023, sono stati finanziati per l’87,3% dall’imposizione fiscale diretta ed indiretta, per l’1,6% dai ricavi e dalle entrate proprie delle Aziende sanitarie, per l’8,5% dalla partecipazione delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome e per il 2,6% dalla voce relativa al Fondo sanitario nazionale.

L’imposizione fiscale, quindi, costituisce la parte preponderante delle fonti che finanziano il Fondo sanitario nazionale: la componente diretta, rappresentata dalle risorse derivanti dall’Irap e dall’addizionale Irpef, incide per il 26,2% (Irap 18,1% e addizionale Irpef 8,1%), la componente indiretta (Iva e accise) per il 61,1%.

“Il riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale – continua Migliore – avviene sulla base di criteri che sono cambiati più volte nel corso degli anni, per adeguare le risposte alle criticità che emergevano via via nella assegnazione delle risorse. Ci sono dunque i margini, anche attraverso il Fondo di garanzia dello Stato, per assicurare a tutte le regioni la copertura dei livelli essenziali delle prestazioni, magari anche aumentando le risorse stanziate per il Fondo sanitario nazionale, storicamente sotto finanziato rispetto alla media dei paesi europei più avanzati”.

“Ma non basta – conclude Migliore – serve avere il coraggio di cambiare le regole ed è necessario uno sforzo straordinario di sistema, per dare ai cittadini risposte adeguate ed in tempi congrui ai loro bisogni. Fino ad oggi, nonostante tutte le difficoltà, grazie alla capacità di innovazione delle aziende, con un sistema che abbiamo definito frugale siamo riusciti a garantire uno stato di salute della popolazione buono ed una aspettativa di vita tra le più elevate nei paesi occidentali. Adesso è necessario fare di più. E noi non ci sottraiamo dalla discussione, anzi, abbiamo anche chiesto alla politica di ridefinire la figura del direttore generale, per valorizzare ancora di più competenza ed esperienza, indispensabili per gestire bene le risorse affidate alle aziende sanitarie”.




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